Erica, benvenuta sulle pagine del blog. Raccontaci il tuo percorso che ti ha portato dal leggere al disegnare i fumetti...
Grazie a te Grande Giove per avermi invitato sulle pagine del tuo blog.
Dunque. Dunque....che dire, credo che in realtà, nel mio percorso, questo processo sia avvenuto un po' al contrario.
Cioè è stato il disegno ad avvicinarmi al mondo dei fumetti e di conseguenza alla scoperta che fare fumetti è un vero e proprio lavoro.
Da che ho memoria ho sempre avuto la mania del disegno, la necessità di disegnare e colorare su qualsiasi superficie, non necessariamente bianca, (se vedeste i miei libri di scuola!) e ad influenzare quei disegni erano soprattutto le abbuffate di cartoni animati, principalmente di stampo giapponese che hanno riempito la mia infanzia e la mia testa.
Non so perché, ma ho sempre sentito la necessità di mettere tutto quello che mi frullava nel cervello nero su bianco,
come se fosse l'unico modo per dargli corpo e sostanza. Era un modo per rendere reale e concreto l'inesistente. E il disegno è sempre stato parte integrante dei miei giochi.
Se non potevo avere un giocattolo in particolare, bastava che me lo disegnassi e il gioco era fatto!
E poi c'era la continua voglia di migliorare. Non mi sono mai sentita soddisfatta di un qualcosa che ho realizzato, c'era sempre un "ma"!
Fu questa voglia e necessità di migliorare che mi spinse a frequentare il liceo artistico. Non prospettive future o una strada spedica ma la pura e semplice voglia di imparare e migliorare nel disegno. E fu proprio al liceo che scoprii il mondo dei manga e dei fumetti in generale.
Voi direte: " ma come hai fatto ad ignorare l'esistenza di manga e fumetti per 14 anni? La risposta è semplice!
In un mondo senza smartphone e internet e soprattutto in un minuscolo paesino senza edicole e tantomeno fumetterie puoi ritenerti già molto fortunato se ti passa per le mani un topolino o un Tex avvistato per sbaglio al Sale & Tabacchi del tuo paese in mezzo a quelle 4 riviste di gossip o sport. Ma l'inizio del liceo con la possibilità quindi di spostarti in una cittadina un po' più grande e fornita di edicole (almeno) e soprattutto il confronto con coetanei che avevano gli stessi interessi mi hanno portato alla scoperta dei manga e dei fumetti in generale. (Scoperta, ricerca, curiosità...sul Grande Giove solo soddisfazioni! n.d.r.)
E da lì in poi è stato un avvicinarmi sempre di più a quel mondo, che anche se veniva visto sempre come un hobby e una passione, perché figuriamoci se poteva mai essere un lavoro, diventava sempre più una costante presenza nel mio percorso artistico.
Tuttavia, continuai ad escludere quel mondo dal mio percorso di studi. Mi iscrissi All'accademia di Belle Arti di Frosinone al corso di Arti mediatiche, dove iniziai ad introdurre nella mia sfera artistica anche l'aspetto multimediale e digitale.
Ma tutto continuava a riportarmi sempre sulla stessa strada, per quanto io provavo ad evitarla, tornava costantemente e insistentemente al punto che conclusi i 3 anni universitari decisi di abbandonare quel percorso e di ascoltare come si suol dire "il cuore" e decisi di iscrivermi alla Scuola Internazionale di Comics a Roma e lì davvero mi si aprì un mondo che non avrei mai potuto scoprire da sola. Un mondo di generi, stili, tecniche e informazioni che solo dei professionisti potevano trasmetterti!
Dai tuoi lavori noto un tratto tipico dei comics "americani" , è una tua scelta? Anche perché so che ami profondamente il mondo Orientale.
Hehe dici? In realtà in tanti hanno accostato il mio stile a quello francese, sia per il tratto pulito e sia per l'enorme mole di particolari e dettagli che di solito mi piace inserire nelle vignette!
Io personalmente non so definire una categoria precisa del mio tratto, sicuramente esso ha subito influenze e mutamenti nel corso del tempo dovute a tutto quello che negli anni ha influito sul mio immaginario, cercando sempre di adattarlo alla necessità del momento, ma mantenente una sorta di impronta digitale nella quale riconoscermi.
Però una cosa che dici è vera, adoro il mondo orientale e l'amore per il fumetto proviene soprattutto da lì.
Rappresenta l'origine del mio stile in quanto si è formato proprio attraverso lo studio dei tratti manga ma purtroppo, o per fortuna, i manga li sanno fare bene solo i giapponesi. E' un segno distintivo radicato profondamente alla loro cultura e noi occidentali possiamo solo limitarci a imitarlo o, al massimo, deviarlo in quel filone fumettistico che viene definito per l'appunto Euromanga o Global Manga più in generale del quale però non sono una particolare fan.
Quindi possiamo dire che, di base, il mio tratto nasce seguendo lo stile orientale, ma nel tempo è cambiato, si è evoluto grazie allo studio e alle influenze di tutti quegli artisti occidentali che nel corso degli anni sono riusciti a colpirmi con la loro arte e si, tanto ha influito la cultura americana con le sue vignette dinamiche e fuori dagli dagli schemi rigidi della classica gabbia (ossia lo spazio entro il quale si costruiscono le vignette) e la cultura francese con il suo stile pulito, realistico e descrittivo derivato da tutta la tradizione pittorica dei secoli passati.
Ti danno carta bianca per un nuovo fumetto, quello che vuoi. Che genere e temi ti piacerebbe affrontare?
Uhmm, bella domanda!
Sai così su due piedi non saprei che risponderti. Sarei banale nel dirti che mi piace disegnare qualunque cosa, ma in realtà è proprio così!
Non ho un tema o genere preferito, sicuramente ci sono delle tematiche che mi risultano più facili o familiari rispetto ad altre, ma quello che adoro e che trovo molto stimolante nel fumetto è proprio il fatto che ti permette di raccontare qualsiasi cosa, di spaziare in qualsiasi ambito e genere e preferisco molto di più lavorare su progetti con temi che mi sono estranei rispetto ad altri che magari rientrano nelle categorie della mia "confort zone".
Più il lavoro è fuori dalle mie corde e più sono spronata a dare il mille per cento. Credo che questo sia l'unico modo per non fossilizzarsi nel disegnare sempre le stesse cose, ti costringe a sperimentare e secondo il mio punto di vista è il modo più efficace per crescere e migliorare.
Quindi non importa che sia un fantasy, un horror, un "supereroistico" o un racconto per bambini, non è importante chi o cosa racconti ma il "COME" mi viene permesso di raccontare.
Parlaci dei tuoi progetti passati e futuri...
I miei esordi sono stati, come dire, con il botto.
Avevo appena concluso l'ultimo anno dalla Scuola Internazionale di Comics, quando uno dei professori mi passò il contatto di una sua ex allieva che lavorava per il mercato americano poiché le serviva un inchiostratore.
Nel mercato americano capita spesso che un albo a fumetti viene realizzato da 2/3 figure professionali: il disegnatore, l'inchiostratore (se occorre) e il colorista.
Questo perché loro hanno dei tempi di produzione molto rapidi e non sempre il disegnatore riesce a rientrare nelle tempistiche realizzando sia le matite che le chine e quindi, proprio questi casi, si avvaleva di figure come l'inchiostratore al fine di rendere più veloce e fluido tutto il processo.
La disegnatrice in questione era Claudia Balboni e con lei lavorai come inchiostratrice, inizialmente per un progetto che coinvolgeva numerosi artisti nella realizzazione di una raccolta di storie brevi destinate alla vendita per beneficenza, e successivamente nella realizzazione di 4 numeri della serie di Star Trek: Ongoing edita dalla casa editrice IDW Publishing, sempre come inchiostratrice.
Conclusa questa parentesi americana mi buttai nella presentazione di progetti e book alle varie case editrici italiane e nel 2016 collaborai con la Manfont, insieme a molti altri artisti nella realizzazione del secondo numero della serie "Carlo Lorenzini Hypernovels" uscito per Verticomics, un portale online di fumetti, e per il quale realizzai la storia breve intitolata "Best Known" scritta da Debora Bertotto.
Successivamente con Debora continuai la collaborazione per la realizzazione di una graphic novels di stampo grottesco come stile ma dalle tematiche molto forti, un progetto che purtroppo a causa di una serie di imprevisti non ha mai visto la luce e penso che questo rappresenti uno dei rammarichi più grandi che mi porto dietro.
Era un lavoro a cui tenevo davvero molto, ma al quale nessuno ha mai voluto dar fiducia.
Da più di un anno invece va avanti la collaborazione con una casa editrice romana: la Prankster Comics. Con loro ho debuttato nel volume di Wolfskin Chronicles, una raccolta di storie con protagonisti lupi mannari.
Da lì la decisione di affidarmi un intero progetto dalla realizzazione del character design dei personaggi a quello degli interni. Ideato dalla mente contorta di Alessio Nocerino e Baldo Di Stefano, il quale ha curato anche la sceneggiatura, Legio Tenebrarum, questo il titolo, presto sarà disponibile in fumetteria o sullo shop online della Prankster Comics con il n.0, un piccolo assaggio in anteprima di quello che troverete ad ottobre sul primo numero della serie.
Il mondo è cambiato tanto negli ultimi 20 anni e, da quello che ho notato girando in rete, sempre più fumettisti lavorano con tavolette grafiche. Pensi sia un bene o si rischia di "snaturare" un mestiere così antico?
Questo è un argomento molto delicato e molto personale, se ne potrebbe parlare per ore.
Allora io personalmente, non credo che il digitale possa snaturare questo mestiere. Alla fine è solo un mezzo attraverso il quale esprimere la propria capacità e sensibilità artistica.
Diciamo che oggi giorno è diventato più che altro una necessità dovuta a una sempre maggior velocità di esecuzione per star dietro a scadenze sempre più serrate. Questo soprattutto per coloro che lavorano nel mercato americano, che, infatti, sono i principali utilizzatori di questo strumento. Non che chi lavora per il mercato italiano, francese o di altro genere non ne faccia uso, ma qui ci sono delle tempistiche un po' più lente e, quindi, mantenere una lavorazione in tradizionale non comporta grandi difficoltà.
Poi c'è da considerare il fatto che i lavori vengono spesso gestiti da più persone ed avere una versione già digitale del lavoro rende i passaggi tra le varie figure professionali più immediati e rapidi, sono facilmente modificabili e veloci da correggere qualora ci fossero delle modifiche da fare. Quindi, dal mio punto di vista, dovrebbe essere considerato un mezzo che ti semplifica la gestione del lavoro, ma non uno strumento che deve andare a sostituire le capacità di un artista.
Poi ammetto che le sensazioni derivate dal realizzare un lavoro con tecniche tradizionale è tutta un'altra esperienza.
Il contatto fisico con la carta, l'odore dell'inchiostro e del colore, la gestualità del pennello sul foglio e i segni che ne derivano sono un'esperienza che una tavoletta grafica, anche se di ultima generazione, non potrà mai rendere. Lavorare in tradizionale è un'esperienza che definirei multisensoriale, lavorare in digitale è di totalmente altra natura, ma non per questo va sminuito rispetto a quella tradizionale.
Alla fine il risultato del volume stampato è pressoché uguale sia se viene realizzato in digitale che in tradizionale.
In Italia, si sa, tutto è più difficile e lento. Com'è la vita di un fumettista italiano? All'estero c'è più apertura verso le nuove leve?
Credo che la difficoltà che un artista giovane e con poca esperienza possa avere nell'entrare in un mercato italiano o estero sia la medesima. La differenza sostanziale che rende la cosa più difficile in Italia, è legata principalmente alla quantità di possibilità. In Italia ci sono 3 forse 4 case editrici importanti, quelle che fanno i numeri con le grandi vendite e che permettono a chi lavora per loro di potersi dedicare totalmente a questo lavoro, 24 ore su 24, 365 giorni su 365 giorni.
All'estero, per esempio, prendendo in considerazione il mercato Americano, vi è un parco di case editrici molto numeroso e, oltre le grandi compagnie, le Major del mercato, anche le minori consentono la possibilità di poter vivere di questo lavoro, quindi si ha una maggior accessibilità alla famosa gavetta. Iniziare dal basso e avere davvero la possibilità di inserirti gradualmente in questo settore.
Questo tipo di processo in Italia risulta più complesso, perché, in genere, chi lavora per le piccole case editrici, si adatta spesso a qualsiasi tipo di retribuzione e questo costringe o a fare i salti mortali, se si è fortunato, lavorando su molteplici progetti in brevissimi lassi di tempo, oppure a portare avanti il lavoro da disegnatore come un hobby, affiancato da un altro lavoro che spesso ti occupa la maggior parte della giornata. Quindi ti costringe a dedicartici nei ritagli di tempo rendendo la crescita professionale molto più lenta e faticosa.
Un punto a favore che un esordiente italiano spesso ha è quello che, nella maggior parte dei casi, proviene da scuole di fumetto che hanno il pregio di far in modo che chi ne esce è già preparato e consapevole del modo più corretto per porsi verso questo mercato, e, soprattutto, ha la possibilità di avere già di base una sorta di conoscenze e relazioni che potrebbero rendere più agevole l'ingresso in questo settore, che sia italiano o estero.
Un'altra strada che molti giovani oggi tentano, è quella dell'auto produzione, che sta trovando sempre più consensi soprattutto grazie alla piattaforma Kickstarter: ti permettere di proporre un progetto e dando la a chi è interessato di poterlo finanziare. Molti giovani autori proprio grazie al successo dei loro lavori prodotti, sono poi riusciti a farsi conoscere ed a inserirsi anche nel mercato che possiamo definire quello ufficiale.
Il primo fumetto che hai letto e l'ultimo...
Il fumetto che considero ufficialmente essere il mio "Primo Fumetto", quello che poi mi ha indirizzato verso questa strada, è il manga di Capitan Tzubasa, per chi non lo conoscesse con questo titolo è la versione cartacea del famoso cartone animato Holly e Benji.
Mentre l'ultimo che ho letto, è il secondo numero di "Something is Killing the Children" un horror di stampo americano, scritto da James Tynion IV e disegnato dal nostro connazionale Werther Dell'Edera, opera che consiglio a tutti colore che si dichiarano essere amanti di fumetti.
Erica, ti ringrazio per avermi dedicato il tuo tempo. Concludi come meglio preferisci...
Grazie a te per avermi invitato per questa chiacchierata, è sempre piacevole poter parlare delle proprie passioni con chi le condivide. Questa è stata la mia prima intervista e non ti nego che ne sono stata contenta ed emozionata (solo forti emozioni sul Grande Giove! n.r.d.). Su alcuni argomenti non mi son voluta dilungare troppo per non risultare noiosa, ma ci sarebbe stato davvero tanto altro da dire. Magari ci saranno altre occasioni...ad esempio con l'uscita del mio prossimo fumetto!! :P Scherzo!
Comunque quando vuoi sono a tua disposizione e dei tuoi lettori (se hanno gradito).
Alla prossima e grazie ancora!
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